Il Ponte da solo non basta

Se le grandi opere trascurano una vergogna che dura dal 1908

Il 4 febbraio del 1909 un inviato del "Corriere" straordinario come Luigi Barzini pronosticava "un grande avvenire" per la città di Messina appena devastata dal terremoto. Anche i migliori possono sbagliare alla grande le loro previsioni. E proprio sul "Corriere della Sera" di pochi giorni fa Cesare Fiumi dedicava un servizio alle baracche dei terremotati allestite dopo il 1908. Sono 3306 e sono ancora lì, tutte quante. Popolate da gente che lavora, paga spazzatura e affitto e, scrive Fiumi, "deve ammazzare i topi a cucchiaiate".

Eravamo nel 1908: e un secolo ormai trascorso dovrebbe essere sufficiente per escludere la speranza che una vita del genere sia provvisoria. Oramai ci si sarà convinti che quella condizione è eterna. E questo sinceramente è qualcosa che riteniamo inaccettabile.

Perché uno Stato democratico, la Repubblica, non può tollerare uno scandalo di queste proporzioni. E non può dimenticare tale situazione confidando ulteriormente sulla rassegnazione dei suoi cittadini. Per questo, quando si discute del progetto del Ponte sullo Stretto, noi sosteniamo che questo deve comportare un potenziamento infrastrutturale per tutto il Mezzogiorno, senza sottovalutare la condizione inaccettabile della baraccopoli messinese.

Procedendo in ordine di tempo, vi è stata una legge regionale del luglio 1990 che prevedeva il risanamento di Messina. Una legge speciale dove si annunciava lo sbaraccamento e la riqualificazione urbana e sociale, mettendo a disposizione, ai tempi, 500 miliardi di lire. Di fatto ne sono stati utilizzati solo 150, degli altri non si conosce neppure la destinazione. I piani particolareggiati sono stati approvati solo nel 2002 e nel 2004 la Regione Sicilia ha stanziato altri 70 milioni di euro. Ma gli espropri, le demolizioni e le nuove costruzioni hanno il freno a mano tirato dai ritardi burocratici. Né siamo in grado di conoscere gli altri ostacoli in dettaglio.

E' chiaro però che, se si vuole modernizzare il Mezzogiorno, allestire una grande opera, occorre lavorare molto in profondità e pensare ad un piano di intervento che concerna anche gli aspetti amministrativi, le istituzioni preposte, che ponga anche in questione persone ed incarichi. Servirebbe quasi una rivoluzione garibaldina, se solo si pensa alle condizioni di degrado e di disagio che si sono succedute nel tempo.

Per questo il Partito repubblicano si è preoccupato di predisporre un disegno di legge per costituire un'"Agenzia di scopo" per la costruzione del Ponte, che sarà presentato la prossima settimana, con l'intenzione che l'Agenzia possa fungere da terminale utile per mettere ordine finalmente in tutti questi problemi insoluti. Le cronache riferiscono che se ai baraccati si accenna al Ponte dello stretto questi si mettono a ridere - beati loro che ci riescono, nonostante tutto - ed indicano il loro con vista sul liquame.

Noi non vogliamo, l'abbiamo detto da subito, vedere una nuova cattedrale nel deserto. Una cattedrale nel deserto con contorno di baracche sarebbe uno sfregio alla pubblica decenza, già sufficientemente umiliata nel messinese per un secolo. Per non parlare del ricordo di Mazzini eletto a Messina, che non possiamo mortificare ulteriormente.